Del tempo
E’ la mania di mettere il carro davanti ai buoi, di ambire a raggiungere la meta sottovalutando il viaggio, di anticipare il tempo, di pensare al poi, al se, al quando, al ma. E’ tutto questo che ci fa vivere malamente. Se c’è una cosa che ho imparato nel visitare certi luoghi è il differente modo di percepire il tempo oggettivo, ma soprattutto quello interiore. Fu Henri Bergson, nel suo Saggio sui dati immediati della coscienza, a dividere per la prima volta il concetto di Tempo in oggettivo e percepito. La durata interiore non è altro che il modo in cui la nostra mente percepisce il trascorrere del tempo legato alle nostre emozioni, agli stati d’animo, anziché alle leggi fisiche. La soggettività del Tempo introdotta da Bergson ispirò poeti, pittori, registi, scrittori che si impegnarono per rappresentarla. “Il tempo di cui disponiamo ogni giorno è elastico: le passioni che proviamo lo dilatano, quelle che ispirano lo restringono, e l’abitudine lo riempie.” scrisse Proust ne La recherche du temps perdu. La scoperta, alla fine della sua opera monumentale, è che la vera vita dell’uomo è quella interiore e che la totalità del tempo vissuto è composta di pensieri, desideri, ricordi, esperienze interiorizzate ed inalienabili. Il tempo è “secreto” dalle persone. Il caldo insopportabile di quei paesi che sono al limite del deserto predispone all’inoperosità o per lo meno alla riduzione al minimo di qualunque attività che possa essere svolta alle prime luci dell’alba o dopo il tramonto. E’ allora che sbucano fuori le persone che, in alcuni casi, vivono proprio in grotte scavate sotto terra con cunicoli che le collegano e pozzi d’acqua ricavati negli spiazzi dove confluiscono più ‘trincee’. I turisti si ostinano a camminare sotto il sole cocente, scoprendosi anziché coprirsi, solo un cappello per evitare colpi di calore, bibite fresche costosissime al posto del tè caldo alla menta che, invece, si dovrebbe bere per compensare la temperatura corporea con quella esterna. E’ qui che ho compreso come queste popolazioni percepiscono il trascorrere del tempo, qualcosa contro cui non è possibile lottare, come il caldo feroce, al quale si abbandonano senza opporsi. Un concetto che dobbiamo accettare, con il quale dobbiamo fare la pace. Non è il tempo che si muove, ma siamo noi a muoverci. Le temps ne s’en va pas, mais nous nous en allons. Capisco allora perché sono sempre lì, su quella panchina con il nastro rosso. “Il tempo è un fiume che mi trascina, ma io sono il fiume; è una tigre che mi sbrana, ma io sono la tigre; è un fuoco che mi divora, ma io sono il fuoco.” (Borges)